Fu Mohamed Ali, eletto governatore dell'Egitto nel 1805, il vero creatore dell'Egitto moderno, il primo sovrano orientale che introdusse la civiltà occidentale nel suo paese. Egli trasformò l'amministrazione statale eliminando vecchie leggi e introducendone altre sul modello di quelle europee. Aprì dunque le porte dell'Egitto all'Europa e alla sua morte si avvicendarono diversi regnanti sempre favorevoli alla civiltà europea.
Oggi l'Egitto si presenta come un paese dai mille contrasti, in cui da una parte l'influenza occidentale è sempre più forte, mentre dall'altra l'Egitto resta il paese autentico che era; è un Paese dove convivono i silenzi dei monumenti di un antico passato ed il chiasso delle grandi città, dove la tradizione si sposa con gli scenari del nuovo millennio.
Malgrado la presenza di due centri cosmopoliti, Il Cairo e Alessandria, e una fiorente industria, l'Egitto è tuttora un paese a vocazione agricola: la campagna nilotica dà tono all'ambiente con i suoi scorci di fiume inquadrato dalle palme da dattero, con il ragazzo che pungola il bue che muove la ruota dei canali di irrigazione, le bianche piccionaie che sovrastano le case di fango e paglia, i piccoli commercianti che percorrono le vie dei bazaar portandosi sulle spalle il loro negozio ambulante tra i vicoli di sabbia e fango che sbucano nelle arterie principali, veri e propri palcoscenici di vita araba, spesso incomprensibili agli occidentali e pure segnati da una logica precisa.
La simbiosi tra campagna e città è così stretta che anche nella capitale sono presenti in modo capillare usanze e valori contadini, perchè la città è una minuscola oasi di ordinato, logico caos. E' tutto un mescolarsi di mondi diversi, lussuose macchine guidate da giovani rampanti, fellah con il loro asino immersi nel caotico traffico automobilistico, autisti di uomini d'affari che dall'alto delle loro lussuose macchine sembrano quasi scivolare silenziosamente nell'indomabile traffico cairota, lunghi carretti senza sponda di frutta e verdura, bancarelle di tutto e di più improvvisate sui marciapiedi, eleganti signore che sembrano uscite da un atelier parigino: tutto questo è il Cairo, e anche di più. Sembrano contraddizioni, invece no, è lo svariato, unico, affascinante universo cairota.
La campagna è il richiamo alle origini che la modernità non ha intaccato, il vero Egitto è quello delle fertili rive del Nilo e il deserto con le sue oasi dove regna il fellah che costituisce la base della piramide sociale in Egitto.
Le strade di questa città sono un fiume di macchine e autobus, vecchie utilitarie fuori commercio e auto modernissime, autobus popolari e una moderna metro che collega ormai tutta la città dove si respirano l'immenso ed il microscopico, il tutto ed il nulla, in perfetta simbiosi. Moderni grattacieli e ville con piscina accanto a vecchie case fatiscenti, l'eccessiva ricchezza e la desolante povertà che peròn è mai miseria. Contrasti di una capitale in cui ogni cosa sembra essere connotata dall'aggettivo "troppo". Il Cairo è la chiave di lettura del destino di un continente, una città in cui vi è una nazione intera asserragliata in poche migliaia di km quadrati, è un mondo che pulsa giorno e notte, è una città magica che riempie l'esistenza e che regala inspiegabilmente voglia di vivere.
LUXOR nell'Alto Egitto, dove il sole brucia più intensamente, i volti sono bruni e gli occhi splendono di più. Luxor non è il Cairo: quìi trova la quiete della provincia nelle passeggiate sul Lungonilo, in un giro sulla feluca che galleggia sul fiume in modo quasi impercettibile, ammirando i tramonti incandescenti in un cielo puro che rendono questi luoghi davvero suggestivi.
Il nome Luxor deriva dall'arabo El-Uqsor che significa "i palazzi", e assieme a Karnak forma un agglomerato urbano sulla riva orientale del Nilo, dove un tempo sorgeva l'antica Tebe, che Omero chiamòa città dalle cento porte" per le innumerevoli carovane che vi giungevano. Luxor sembra una sonnolenta cittadina di provincia, eppure pulsa della fiorente attività turistica che porta un enorme numero di visitatori da tutto il mondo e che ha radicalmente cambiato la natura degli abitanti e lo spirito del luogo. La strada principale è la Corniche che scorre lungo la sponda orientale del Nilo per tutta la lunghezza della città, mentre di fronte, sulla riva occidentale del Nilo, nella "terra dei morti", la ricchezza di monumenti e di reperti archeologici è senza paragoni: qui tutte le sere i faraoni vedevano il disco solare "morire" dietro le colline di Tebe per poi risorgere al mattino sul lato opposto e cosìel Nuovo Regno si fecero costruire le tombe ad ipogeo per assicurarsi la resurrezione. E' davvero un luogo suggestivo di incredibile fascino e mistero.
ASSUAN è la cittadina rilassante e calma che ci si aspetta di trovare, abitata da gente nubiana le cui tradizioni di austera dignità sopravvivono nei modi cortesi e discreti della gente. Una città affollata di venditori di spezie, aromi, e prodotti dell'artigianato locale i cui disegni e colori danno il presentimento dell'Africa più profonda che si estende oltre la frontiera ormai vicina.
Quando si visita un paese arabo non si può non andare al suk, il bazaar, una tradizione leggendaria. E' l'enstensione della vita dei vicoli. Al Cairo il mercato più grande si chiama Khan el-Khalili, cioè "Il mercato di Khalil", dal nome del sultano Giarkas el-Khalil che nel 1382 lo fondò per vendere vestiti, pietre preziose, cotone e oggetti dall'India e dalla Persia.
Oggi questo mercato, il cui fascino del bazar arabo continua a vivere, è un complesso commerciale di oltre 1000 negozi e piccole fattorie di artigianato, vetro, argento, ottone, legno e pelle, un dedalo di viuzze sempre affollate, muli carichi di legna, bombole a gas da vendere, carretti tintinnanti di bicchieri e bibite, musiche popolari diffuse da vecchie radio che si accavallano allo scoppiettio dei motori di macchine e motorini che si districano a fatica tra la gente che si sposta con lentezza atavica, voci che si mescolano alla cantilena del muezzin: è una realtà da cui si resta storditi e affascinati.
Khan Khalili non è soltanto il bazaar più favoloso del Medio Oriente, ma è soprattutto un mondo estremamente civile popolato di artigiani impareggiabili e di mercanti nel senso più vero del termine.
Quando Tolomeo I Sotere ne fece la capitale dell'Egitto, in breve Alessandria divenne una città cosmopolita ed importante arricchendosi di strade, templi, colonne, monumenti, palazzi reali, giardini e teatri, di una bellezza stupefacente, in una posizione invidiabile sul Mediterraneo, in grado di competere con la grandezza di Roma e Costantinopoli. Egli fece inoltre costruire la Biblioteca, la più celebre del mondo antico, ed il Mouseion (detto "tempio delle muse"), il primo istituto "universitario" di ricerca scientifica, che la resero un centro di diffusione dell'ellenismo, ma fu durante il regno di Tolomeo II Filadelfo, alla metà del III secolo a.C., che si ebbe la sua massima espansione. Per decenni Alessandria fu un centro di cultura grazie al mecenatismo dei re tolemaici: fu qui che Euclide, Archimede e Eratostene per le scienza, ma anche Callimaco, Aristarco, Apollonio Rodio e tanti altri portarono il loro sapere.
Alessandria è stata una delle più importanti città del mondo antico, sede della Biblioteca che conteneva tutta la cultura del tempo, è stata la città su cui avevano regnato Cesare, Cleopatra e Marco Antonio e una città indubbiamente ricca di monumenti, tra i quali una delle sette meraviglie del mondo, il faro.
Il Faro sorgeva sull'isola di Pharos (congiunta oggi alla città con una diga lunga 1290 metri circa), da cui prese il nome che a sua volta si dice derivi dal termine "faraone". Questo monumento venne realizzato probabilmente tra il 297, durante il regno di Tolomeo I, ed il 283 a.C., nel regno di Tolomeo II, dall'architetto Sostrato di Cnido, per l'esigenza di guidare i naviganti nella costa del Delta. La torre doveva sorgere alla punta nord-est dell'isola di Faro, dove ora c'è il forte del sultano QaitBey: si ritiene che tutta la costruzione fosse realizzata in marmo bianco con decorazioni di bronzo, alta circa 120 metri e composta da tre piani distinti, sempre più stretti: il primo a pianta quadrata e molto largo, il secondo a sezione ottagonale ed il terzo come una torre cilindrica sormontata da un'enorme statua che secondo alcuni rappresenterebbe Poseidone, e secondo altri Zeus-Soter cioè "Zeus salvatore", anche se la divinità più cara ai naviganti era Iside, detta "Faria" nel tempio a lei consacrato sull'isola stessa, in cui è raffigurata nell'atto di dispiegare una vela. Il tutto era circondato da portici e l'ingresso al monumento era rialzato, al termine di una rampa di scalini. Il Faro era dedicato, come riporta l'epigrafe "teois soteroi uper ton laixomenon" agli Dei salvatori cioè i Dioscuri, Castore e Polluce, divinità della luce. Si dice infatti che la luce del faro, dovuta ad una fiamma perenne o ad uno specchio che rifletteva la luce del sole, si vedesse ad una distanza di 100 miglia, come un sole per i marinai, ai quali sembrava apparisse la divinità protettrice. Il Faro fu spento dagli Arabi alla metà del IX secolo d.C. dando così inizio alla sua rovina finchè un violentissimo terremoto, nel XII secolo, lo distrusse del tutto, ed i Mammelucchi eressero sulle sue rovine la fortezza di QaitBay, che ospita oggi il museo navale. L'equipe franco-egiziana, che dal 1995 si occupa del ritrovamento di reperti archeologici nella baia di fronte ad Alessandria, ha recuperato alcuni elementi architettonici tra cui alcune statue che, per la vicinanza di questo materiale all'isola di Faro, si pensa di poterle a ragione attribuire al leggendario monumento. Oggi ad Alessandria la memoria del Faro è mantenuta viva da una scultura moderna in marmo bianco che lo riproduce insieme a Iside Faria, e accoglie i turisti che entrano nei giardini per visitare le catacombe di Kom-es-Shafur.
Un altro leggendario monumento di Alessandria, anch'esso andato distrutto ma oggi ricostruito nello stesso luogo, è la Biblioteca di Alessandria, fatta costruire da Tolomeo I Soter nel 295 a.C, sotto l'influenza del suo consigliere Demetrio Falerio, discepolo di Aristotele, al quale ordinò di creare una biblioteca simile al Museo ateniese. Vennero così costruiti il Museo e la Biblioteca, due corpi distinti di una stessa struttura, nel quartiere Bruchium, e per questo detta "Biblioteca del Bruchium" o "Biblioteca del Museo". Nata come centro di cultura greca, divenne ben presto il simbolo stesso della sapienza antica con i suoi 700 mila volumi, tra cui manoscritti babilonesi, assiri, fenici e persiani, composizioni buddiste, scritti ebraici, papiri egizi, testi dei più importanti scrittori, scienziati, matematici e letterati greci: un vero e proprio patrimonio universale. La sua distruzione resta avvolta dal mistero, ma sappiamo che venne danneggiata ben due volte: la prima volta durante la guerra alessandrina, nel 48 d. C, quando Giulio Cesare incendiò la flotta egiziana di Cleopatra e le fiamme si propagarono fino alla Biblioteca, tanto che Marco Antonio per compensare Cleopatra della grave perdita, le offrì una nuova biblioteca che venne edificata a Pergamo, ma alcuni studiosi sostengono che una parte della Biblioteca in realtà sopravvisse fino all'invasione degli Arabi, avvenuta nel 640 d.C., i quali la incendiarono una seconda volta, distruggendola definitivamente.
Fu lo storico egiziano Mustafa al-Abbadi circa 20 anni fa a pensare di far rivivere questa biblioteca per collezionare libri e documenti, e metterli a disposizione dell'umanità: un punto d'incontro tra culture diverse e distanti anche nel tempo poiché la nuova Biblioteca, con la sua forma di disco solare che da un lato s'inclina verso il Mediterraneo e dall'altro sembra lanciarsi verso il cielo, sembra stabilire un legame fra passato, presente e futuro. La Snohetta è la società di architetti norvegesi che nel 1989 ha vinto il concorso internazionale bandito dal governo egiziano, insieme all'Unesco, per la progettazione dell'edificio: i lavori sono iniziati nel 1995, finanziati da donazioni arrivate da tutto il mondo sia in soldi che in libri per un costo totale di 400 miliardi di lire: dunque un progetto internazionale di cooperazione.
Ed il carattere di universalità è sottolineato dalle lettere di tutti gli alfabeti del mondo incisi sulla parete dell'edificio, in granito di Assuan, alta circa 32 m. Un laghetto circonda la Biblioteca separandola dalle vie cittadine di Alessandria ed un ponte attraversa l'edificio congiungendo il Mediterraneo all'Università di Alessandria, cioè l'umanità al sapere, come simboli di un passato che si proietta verso il futuro. Il 25 aprile del 2002 è prevista l'inaugurazione della nuova titanica Biblioteca di Alessandria che finalmente risorgerà come l'araba fenice dalla sue ceneri, di fronte al lungomare che cinge la città vecchia, come un "faro intellettuale" del nuovo mondo.
Altri edifici importanti erano il Serapeum, fatto costruire da Tolomeo III in onore del dio greco della medicina, Serapide appunto, in cui erano fusi Osiride e Api, ma con aspetto ellenistico: era una struttura che disponeva di una biblioteca e di un ospedale dove i giovani studenti potevano fare pratica dei loro studi.
Vicino sorgeva la "colonna di Pompeo", così denominata dai crociati benchè sia stata eretta nel IV secolo d.C. in onore di Diocleziano. Inoltre ricordiamo il Caesareum, edificato per ordine della regina Cleopatra in onore del suo amato Cesare, e completato durante il regno di Augusto. Era un tempio enorme circondato da importanti costruzioni quali biblioteche, portici e statue, e nei pressi di questo tempio si ergevano due obelischi (oggi trasportati altrove): purtroppo di questi monumenti restano oggi poche tracce.
Negli anni '50 la politica di Nasser portò però ad un nuovo declino e quanti, soprattutto tra gli stranieri, non vollero accettare la rivoluzione nasseriana ed il puritanesimo imposto, rifiutando di piegarsi alle sue leggi, fuggirono emigrando in massa. Ricordiamo che a quei tempi ad Alessandria vivevano tante comunità straniere composte da italiani, greci, francesi, inglesi e tedeschi tanto che lo scrittore Lawrence Durrell ne diede questa definizione: "Alessandria: cinque razze, cinque lingue e una dozzina di religioni". Essi dovettero dunque lasciare la terra che li aveva visti nascere, dove avevano vissuto la loro giovinezza per trasferirsi chi in Europa chi in America, portando con se una cultura così diversa, una lingua che sembrava "strana" in occidente, quanto la loro provenienza. Oggi Alessandria è di nuovo una grande cosmopolita città, la seconda dell'Egitto per grandezza con una popolazione di circa 4 milioni di abitanti, ma è solo la porta d'ingresso dell'Egitto.
Attualmente Alessandria conserva l'atmosfera del suo passato leggendario, crocevia di culture diverse, con la sua mescolanza di stili europei e mediorentali, e sopravvive nella letteratura più che nella realtà delle sue strade, dei suoi palazzi fatiscenti e della sua gente perché ha perso l'antica bellezza che i pascià seppero regalarle costruendo ville, viali, teatri, ristoranti nel tentativo di modernizzare l'Egitto fino alla metà del '900. Resta ormai poco del suo glorioso passato nascosto spesso dalle brutture di una disordinata speculazione edilizia anche se alcuni angoli ricordano ciò che fu: la prima impressione che si ha della città è la sua atmosfera europea quasi, con il suo lungomare a forma di mezzaluna, la Corniche che per 18 km costeggia il Mediterraneo, tra panchine di marmo bianche e bei palazzi restaurati, strade pulite e alberghi, ma forse è solo l'aria fresca che viene dal mare a far sembrare la città più pulita e meno egiziana, chissà.
Alessandria sembra sfuggire all'ambiente agreste del Cairo, grazie forse ai suoi caffè allineati sul lungomare fino al parco di Montaza; sembra così diversa dal Cairo, ha un aspetto più mediterraneo che orientale: manca il caos ed il traffico assillante, ed è come se si avvertisse che aldilà del mare finisce il mondo arabo e c'è l'Europa.
Tanti sono i luoghi "mitici" degli alessandrini o di chi, pur straniero, ha vissuto in questa città la sua infanzia e l'adolescenza, legandoli indissolubilmente a forti ricordi: partendo dall'animata zona di midan Saad Zaghlul, centro pulsante della città, come non ricordare il caffè Pastroudis, un tempo il caffè letterario per eccellenza, un ritrovo di scrittori, artisti ed intellettuali degli anni '40-'50: oggi non è più ciò che rappresentava ma conserva il fascino di ciò che fu. Anche l'hotel Cecil, l'albergo in stile moresco costruito nel 1929, che ospitò personaggi illustri, è oggi un albergo ancora bellissimo ma quasi sfiorito in un contesto che non gli appartiene più.|
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